Quando il grande schermo celebra se stesso
Nuovo cinema Paradiso (1988)
di Giuseppe Tornatore
drammatico
Il dopoguerra italiano visto dall'occhio del proiettore: vita, usi e costumi di un piccolo paesino siciliano desideroso di riscattarsi dopo le sofferenze del conflitto e che trovava in vecchie e polverose sale cinematografiche un momento di incontro per ricchi e poveri, giovani e vecchi. Il cinema come vita, come momento di socializzazione, di scoperta, di sogno. Totò cresce nell'ammirazione di Alfredo, proiezionista della piccola sala gestita dal parroco (che decide tagli e censure): lui è orfano, l'altro non ha figli. Ne nascerà un rapporto paternale tenero ed educativo, fino a quando Totò, oramai giovanotto e afflitto dalle pene d'amore, lascerà la Sicilia per volare al Nord. Lo rivediamo trent'anni dopo, regista affermato, tornare al paese in occasione della morte di Alfredo, ripercorrendo i luoghi della sua infanzia, riportando alla luce un passato lontano ma che può essere ancora tenuto in vita tramite il ricordo. Delicatissimo affresco di mezzo secolo di storia d'Italia che, pur sgretolandosi un poco strada facendo, rimane un'incantevole testimonianza (specie nella sua prima parte) su un periodo d'oro della storia del cinema e della sua valenza nella società. Oscar come miglior film straniero nel 1990.
sabato 30 gennaio 2010
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Grande film. Grande Tornatore. Peccato poi che un ictus gli abbia suggerito di girare quella schifezza che risponde al nome di "Baaria".
RispondiEliminaRaptus