La seducente veste del male
Il divo (2008)
di Paolo Sorrentino
biografico
Il glossario che in apertura definisce alcuni termini ("P2", "Dc" ecc) svela già la tendenziosità del film, il sottotitolo ("La spettacolare vita di Giulio Andreotti"), l'impronta romanzesca dell'opera: solo accettando questi due presupposi ci si potrà rallegrare della faziosa biografia di un Giulio Andreotti grottesco, che sembra Ioda, si muove come un fantasma, parla solo per slogan e del quale viene ovviamente sottolineato l'animo religioso. Preoccupazioni politiche? L'unica è che le sue pillole per il mal di testa non vengano eliminate dal prontuario dei medicinali liberi. Spettacolare è il collage di tutti i più importanti omicidi/suicidi politici degli ultimi decenni, faziosamente associati al divo Giulio che ammette "guerre puniche a parte, nella mia vita mi hanno accusato di tutto quello che è successo in Italia"; spettacolare è la presentazione del suo staff, assimilata ad una banda di gangster con tanto di pupe e nomi di battaglia in sovrimpressione. La trama finge di domandarsi se quest'uomo con il mito di De Gasperi e l'angoscia del fantasma di Moro che grava come un macigno sulla sua coscienza, quest'uomo che usa l'ironia come "atroce cura" per non morire, quest'uomo additato come responsabile delle pagine più nere di un quarto di secolo di storia d'Italia (e con le mani in pasta perfino nel caso dei desaparecidos argentini), sia un diabolico malvagio o un perseguitato, se siano tutte coincidenze o reali atti criminosi. Ma la domanda è retorica, la risposta è una sentenza: il sette volte Presidente del Consiglio fece deliberatamente e consapevolmente il male ritenendolo strumento necessario per ottenere il bene comune. Film di straordinaria fattura (ma chi apprezzò il superbo Le conseguenze dell'amore non si stupirà dell'eleganza di regia, fotografia e dell'interpretazione di Toni Servillo nel ruolo del protagonista) che shakera atmosfere da thriller, tempi da noir, sarcasmo da commedia (e un' esaltante colonna sonora) proponendo un' originale lettura del filone dei film cronachistici nostrani, relegati ancora a desueti schemi da fiction. Spietato ritratto che, come le macchine fotografiche caricate come fossero fucili, spara accecanti flash che inchiodano senza scampo il loro bersaglio. Ma ad un'apprezzabile finezza estetica si collega una deprecabile bassezza morale, un'irosa ideologia da non scambiare con onestà intellettuale. Il diavolo si presenta sempre con una veste seducente.
mercoledì 12 maggio 2010
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concordo in pieno
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