Un blog di cinema...

ce n'era davvero bisogno?
Credo che il 99% dei film non siano "brutti" o "belli" in assoluto, e che talvolta anche un singolo elemento ben riuscito possa salvare un'intera opera, basta sapere dove guardare.
Credo anche che la vita di un uomo sia mediamente troppo corta per permettersi di sprecare tempo decidendo quale film vedere, con il rischio poi di aver fatto la scelta sbagliata. Questo spazio nasce con l'intento di fornire qualche indicazione a quanti non vogliono accontentarsi di giudicare un film dalla "trama" o dalla star che recita (senza nessun pregiudizio verso le trame ben scritte e gli attori di livello). Poche righe per sintetizzare gli aspetti che valgono delle pellicole che ho visto, lasciando a wikipedia (cliccando su registi e attori) e a youtube (cliccando sui titoli) l'onere di fornirvi tutte le informazioni supplementari. Per facilitare la consultazione ho creato degli indici apposti, inserendo in Prima Fila i film consigliati, in Peggio del Peggio quelli da evitare e suddividendo le opere per aree tematiche piuttosto che di genere: Film Blu per thriller, noir, poliziesco, azione ecc, Film Bianco per le commedie e i film più "leggeri", Film Rosso per quelli drammatici e affini (ma una singola opera può essere segnalata in più categorie proprio perchè le suddivisioni per genere risultano spesso troppo rigide) e Film Oro per i grandi classici. Infine una sezione più "critica" (Oltre lo schermo) per chi vuole approfondire determinati argomenti. Buona visione.

venerdì 12 marzo 2010

Bastardi senza gloria

C'era una volta il cinema

Inglourious Basterds (2009)
di Quentin Tarantino
azione


C'era una volta nella Francia occupata dai nazisti il colonnello Hans Landa (eccezionale Christoph Waltz, Oscar come miglior attore non protagonista), cacciatore di ebrei, che stana (più con la dialettica che con la forza) una famiglia di giudei nella casa di un contadino. E' una carneficina, ma la diciottenne Shosanna riesce a fuggire: la ritroviamo qualche anno dopo, proprietaria di un cinema e oggetto delle attenzioni di Frederick Zoller, eroe di guerra e stella nascente del cinema tedesco grazie ad un film che racconta le sue gesta. Decide, assieme a Gobbels, responsabile della propaganda nazista e braccio destro del Fuhrer, di spostare la premiere riservata alle alte cariche delle SS nel suo cinema. Tante "uova marce" nello stesso cesto fanno gola: la ragazza decide di dare fuoco alla sala durante la proiezione mentre contemporaneamente gli alleati organizzano il "piano Kino", infiltrando un loro uomo all'anteprima grazie all'aiuto dei Bastardi, ebrei americani guidati dal tenente Aldo Raine (ipnotico Brad Pitt), sbarcati in Europa "per fare una cosa sola ed una soltanto", sterminare quanti più tedeschi possibile. Ma il loro randez vous con l'attrice tedesca, asservita al Reich ma in verità spia americana e tramite per presenziare alla serata di gala non andrà come previsto e i loro piani subiranno impreviste deviazioni.
Un'abbozzo, un canovaccio di una storia suddivisa come sempre in capitoli, racconti apparentemente sconnessi, che piano piano si annodano trasformandosi da piccoli gioielli di cinema in un film strutturato, denso, eletrizzante e drammatico, fatto di gesti, sguardi, sospensioni, tempi dilatati che sottointendono un universo di significati, dialoghi incalzanti dove non c'è una virgola fuori posto e che fondendosi a inquadrature e musiche creano una tensione unica, puntualmente stemperata dall'ironia, dal grottesco, dall'eccentrismo che svela la finzione. Colpisce come niente sia lasciato al caso, neanche una smorfia, neanche un sospiro, neanche un tiro di sigaretta. Poi tarantinate a ripetizione: storie deliranti, divagazioni sul futile, diluvio di citazioni, inquadrature dal basso, mexican stand-off, personaggi che mangiano, bevono e fumano in modo sensazionale, sangue che scorre a fiumi, deformazioni che sembrano parodie ma sono solo il modo che il regista utilizza per svelare la finzione e l'incanto del cinema, magico mezzo con cui si permette di ribaltare la Storia e, facendolo, di scrivere quella del cinema. Il film si chiude con uno sguardo in macchina e una sentenza: "Sai che ti dico? Questo potrebbe essere il mio capolavoro". Non possiamo che sottoscrivere.

8 commenti:

  1. Bere un bicchiere di latte non sarà più la stessa cosa, dopo avere assistito ai primi quindici –strepitosi– minuti di «Bastardi senza gloria». Un film che il suo Autore vorrebbe definire «di guerra», ma che con la sequenza di apertura mostra subito la sua vera uniforme: quella, elegante e senza genere, di un eterno ragazzo pulp –Quentin Tarantino, 46 anni– che da bambino sognava di diventare come Sergio Leone.

    Anche qui «c’era una volta»: ma stavolta non sono il West e nemmeno l’America, bensì la "douce France" occupata dai Nazisti ed un gruppo di soldati ebrei paracadutati in abiti civili «per fare una cosa sola ed una soltanto». Per capire di cosa si tratti basterà attendere pochi minuti: quelli in cui, dopo il mirabile campo lungo donato alla dolce Shoshanna per fuggire all’orrorifico Tenente Landa (serafico ed indimenticabile Cristoph Waltz), l’Orso Ebreo regalerà al pubblico un fuoricampo altrettanto magistrale.

    Come il psicotico tenente Aldo Raine –irresistibile e stratosferico Brad Pitt– anche Tarantino vuole i suoi scalpi: fedele al desiderio di infarcire la narrazione di cinefile citazioni, mostra di serbare uguale affetto per classici indimenticati (Marlene Dietrich cantava «Meine beste Freundin» e correva l’anno millenovecentoquarantaquattro) come per pruriginose commediacce (vedi tenente «Ed Fenech», irriconoscibile Mike Myers). Stavolta, però, la macchina da presa del regista di Knoxville ha un marcia in più, alzando progressivamente i giri fino all’immaginifica conclusione: consapevole che il Cinema è il luogo per riscrivere per la Storia, il Genio di Quentin intuisce –con maturità finora sconosciuta– che la Storia può morire solo dentro un cinema.

    La fine della guerra lascia spazio a una sola certezza: «Utivich, credo che questo sia il mio capolavoro!» A parlare è il bastardo Brad, che senza gloria scolpisce dolorose svastiche. Ma a sogghignare è il bastardo Quentin, che con (molta) gloria si autoproclama indiscusso vincitore.

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  2. Tra i tanti aspetti che ho tralasciato (impossibile sintetizzarli tutti), uno fondamentale è quello della lingua e del linguaggio, elemento dominante in un film in cui si passa con disinvoltura dal francese all'iinglese con incursioni nell'italiano (da vedere in lingua originale almeno la gag con Brad Pitt e soci che si fingono siciliani, mal tradotta nella versione nostrana http://www.youtube.com/watch?v=h307byiKGlY) e nel tedesco.
    E poi tante, troppe cose impossibili da descrivere, che vanno semplicemente guardate. Emblema è proprio il bicchiere di latte citato da Duvix: Landa lo beve sciorinando il suo affabile francese, in un momento in cui conversa con tranquillità, come un ospite, come un amico, con il contadino. Lo chiede con educazione reverenziale, poi se lo scola tutto d'un fiato, fino all'ultima goccia, con avidità, in modo esagerato e del tutto fuori luogo rispetto al contesto in cui ci troviamo, in cui Tarantino ci ha condotti. E' uno dei tanti gesti ed elementi che improvvisamente interrompono il clima facendo impennare il climax, in un film dove Tarantino alterna fiumi di parole quando sembrerebbero superflue (ma le rende motore della tensione) a situazioni in cui altri utilizzerebbero la parola e che invece lui sostituisce con gesti silenziosi. Landa beve il latte (nello stesso identico modo sorprendente con il quale Samuel L. Jackson si scolò la Sprite fino all'ultima goccia in Pulp Fiction) ma il suo gesto dice molto altro, dice tutto della sua posizione di superiorità, della sua invadenza, della sua prepotenza. Beve il latte e afferma, con un gesto, la sua posizione dominante, senza usare parole. Questo è cinema.

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  3. A mio avviso il film è un continuo passaggio da una costruzione iperrealistica e dettagliata di personaggi e situazioni seguite da subitanee smentite. Mi spiego: i personaggi sembrano reali da quanto sono costruiti nel minimo dettaglio. Hanno storie passate, accenti, caratteristiche uniche, mangiano in un modo che così reale mai si era visto. Eppure Tarantino poi ci stupisce improvvisamente con elementi grotteschi, assurdi, che stemperano questo equilibrio dichiarando la finzione del film, come un burattinaio che mostra i fili del burattino. Così la pipa gigante, i titoli in sovrimpressione, la resa volutamente caricaturale di personaggi come Gobbels e Hitler (volutamente una macchietta non per deriderlo banalmente ma quasi più per ironizzare sul modo artificioso con il quale vengono spesso rappresentati personaggi storici) gli servono per smascherare l'impianto, per mostrare il cinema per quello che è, una gigantesca macchina per scrivere storie.

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  4. Ultimo appunto sulla questione "citazioni": occhio a confondere la citazione in senso stretto (tributo, omaggio) come possono essere Brad Pitt che fa il verso a Brando, il nome del colonnello Ed Fenech, Shosanna che si trucca facendo il verso a Il Corvo (questa è una chicca), spesso difficili da scovare perchè riferite a film sconosciuti; occhio a confonderle, dicevo, con quello che è il modo di fare cinema di Tarantino, totalmente impregnato nella struttura registica e narrativa degli autori con i quali è cresciuto, Sergio Leone in primis, un regista gigante che ha segnato la storia del cinema, i cui riverberi si sentono oggi in tanto, tantissimo cinema ,e che Tarantino ha fatto totalmente suo. A volte i richiami sono più palesi (il duello di Uma Turman tra la neve in Kil Bill, come il titolo del primo capitolo in Bastardi: citazioni, omaggi, appunto), più spesso sono intessuti nello stile di Tarantino e dire che lo "cita" è come dire che gli impressionisti citano i realisti, Messi cita Maradona o il rock cita il blues. O, come meglio di me ha sintetizzato qualcun'altro, che "i figli citano i genitori". Se volete divertirvi nello scoprire le citazioni disseminate nei film di Tarantino, andate qua: http://www.tarantinoitalia.altervista.org/

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  5. Come quando a Natale trovavi sotto l'albero il maglioncino a righe rosse e non la mitica pista di macchinine polistil, su cui già sfrecciavi con la fantasia.
    Come quando, visto che è il periodo, nell'uovo di pasqua formato maxi trovavi un misero ciondolo o al limite un portachiavi posticcio la cui utilità in fondo alla spazzatura è ancora tutta da verificare.

    E' questo "Bastardi senza Gloria".
    Sicuramente più "Jackie Brown" che "Kill Bill". Più "Grindhouse" (che tra l'altro non ho visto..) che "Pulp Fiction".

    Un malloppo di due ore senza capo ne coda, una prosopopea di citazioni, un mix di personaggi (al di là dello splendido Waltz) insipidi o troppo onanisticamente esagerati. Una continua iperbole, un eccesso di eccesso. Tarantino copia se stesso. Ma son cose già viste, cose già assaggiate.

    Due ore e mezza cui non ci sottoporremo più (piuttosto ci riguarderemo "Schizopolis") e in cui ovviamente non tutto è da buttare. I primi quindici minuti e la scena della taverna, tutto il resto è piscia (cit.).

    Fuor di metafora e fuor di poesia: mi aspettavo di più anche avendo letto i vostri entusiasti commenti ex post. Voglio dire Tarantino non mi ha stupito. Non c'è nessuna novità, niente che lui stesso non abbia già proposto in passato. Dal punto di vista della regia e dell'innovazione non c'è gara con Kill Bill.

    Eppoi la storia non sta in piedi: Hitler e Goebbels non sono morti in un teatro..

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  6. Ovviamente non sono d'accordo. Citi Jackie Brown. Bravo. Citi il film meno "tarantinato" eppure quello in cui è più evidente come Tarantino sia non solo un genio eccentrico ma uno che conosce alla perfezione i meccanismi del cinema e le sue regole. Ed è quanto accade anche in Bastardi. Poi dici che siamo lontani da Kill Bill e Pulp Fiction, eppure dici "niente che non abbia già proposto in passato". Accetti "i primi quindici minuti" e "la scena della taverna" (che insieme fanno circa un terzo del film" eppure demolisci il tutto. Tarantino non "copia" ma attinge a piene mani e cita se stesso e un centinaio di anni di cinema che l'hanno preceduto, impastandoli insieme e reinventando la storia, quella con la "S" maiuscola e quella del cinema. Poi, a pelle, uno può gradire più le mirabolanti evoluzioni di Uma Thurman in tuta gialla. Ma giudicare Tarantino fermandosi all'impatto emotivo suscitatoci dalla trama e dai personaggi sarebbe un grave errore.

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  7. E poi, il punto non è che Hitler e Goebbels non siano morti dentro a un cinema (cosa che sa anche un bambino): la genialità sta proprio nel fatto che la Storia muore al Cinema.

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  8. Io dico che avete ragione entrambi. Sia Uedro che Ans. Tutto quello che dice Uedro è vero ma vale solo per alcune scene. Ci sono momenti topici e veramente stupendi di cinema (la scena iniziale, la scena nella taverna e la scena della strage su tutte) che però (come dice Ans) sono lasciate un po' sole. Alcuni personaggi sono resi quasi reali per quanto sono aprofonditi e spiegati (vedi Hans Landa), altri vengono introdotti e poi abbandonati (vedi l'orso ebreo). Questo, guardando il film nel suo complesso lascia lo spettatore un po' confuso e deluso. Certo, quando esci dal cinema, ringraziando Tarantino che finalmente ha dato vita ai tuoi sogni di quando studiavi la seconda guerra mondiale a scuola, ti chiedi: ma perchè cazzo gli ebrei non hanno reagito vermanete così???

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