Allucinato mal di vivere
Leaving Las Vegas (1995)
di Mike Figgis
drammatico
Vite alla deriva: Ben beve dal mattino alla sera, a tutte le ore e in tutti i luoghi, scolandosi la birra perfino in immersione, scegliendo Las Vegas come teatro del suo programmato suicidio alcolico galoppando verso la fine a suon di tequila e humor nero. Sara fa la prostituta, un po' per scelta, un pò per costrizione. Si incontrano, si piacciono, chiedono l'un l'altra di accettarsi così come sono, con i loro vizi/limiti e il loro desiderio di affetto. Niente sesso, paradossalmente, fino ad un finale dove l'ultimo flebile istinto di conservazione verrà sopraffatto dall'istinto all'autodistruzione. I neon della città del divertimento rimangono sullo sfondo, mentre una fotografia ovattata per scelta immortala una storia d'amore malsana eppure tenera, drammatica, ricca di spunti derivanti dal rapporto tra i due protagonisti, votato all'accettazione totale dell'altro nonostante l'evidente lesionismo e di qualche debolezza nella sceneggiatura che nonostante la sua essenzialità riesce a presentare qualche pecca (la mafia russa abbozzata e superflua). Ma l'atmosfera allucinata che avvolge un Nicholas Cage (Oscar come miglior attore) perennemente in stato d'ebrezza è forte, densa, incisiva, fa tremare quando lui trema, fa delirare quando lui delira trascinandoci assieme al protagonista in un gorgo di autodistruzione di bukovskijana memoria grazie anche al contributo di una malinconica colonna sonora (composta dallo stesso regista). Film "d'autore" verrebbe da dire: qua quello che firmò il testo alla fonte (John O'Brien) si suicidò prima che il film vedesse la luce, suggellando con il mito un'opera controversa e consegnandola alla storia.
giovedì 11 marzo 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento