Miracolo a Marzabotto
L'uomo che verrà (2009)
di Giorgio Diritti
drammatico
Inverno 1943. Sull'appennino emiliano si affollano partigiani, nazisti e fuggitivi vari, sconvolgendo la vita contadina di una piccola comunità che trascorre un'esistenza semplice e faticosa, custodendo i valori genuini della famiglia e del lavoro e lo stretto dialetto bolognese (sottotitolato). Volti che sembrano venire dall'aia de L'albero degli zoccoli (non a caso Diritti fu assistente di Olmi), scolpiti dalla fatica e dalla speranza di chi crede nella positività della vita che non li lascerà mai senza pane, che si stringono e si aiutano per far fronte alle avversità, affidandosi ai preti e a chi si batte per difendere la terra e non un'ideologia, due facce di una resistenza spesso celata sul grande schermo. Gli occhi di una bambina di otto anni (basterebbe la sua sensazionale prestazione per far gridare al capolavoro), silenziosa per scelta/trauma dopo la morte del fratellino, si posano su gesti e persone, dando il ritmo ad un film dallo stile impeccabile, dall'animo denso di travolgente sensibilità che trova il suo climax nella (vera) strage di Marzabotto e, parallelamente, nella nascita di un neonato, che un giorno sarà un uomo e che rappresenta la speranza della vita contro la morte. Qualche anno fa Spike Lee descrisse il medesimo orrore avvenuto dall'altra parte dell'Appennino (Miracolo a Sant'Anna ); ma il cinema di Giorgio Diritti, che dopo il sorpendente Il vento fa il suo giro girato presso la comunità occitana delle Alpi piemontesi, torna nelle sue zone natie è il vero miracolo: denso, poetico, commovente nel ritrarre con minuziosa attenzione le piccole realtà come i tragici fatti storici senza scadere nella retorica.
venerdì 28 maggio 2010
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