Grottesco yiddish che non graffia
A Serious Man (2009)
di Joel e Ethan Coen
commedia
I fratelli Coen, dopo il crudo Non è un paese per vecchi, e il buffo (e poco incisivo) Burn after reading, tornano al loro primo amore, la commedia, che ancora una volta infarciscono di comicità grottesca che però non riesce a graffiare come invece fece in passato. La godibile regia pulita e geometrica, quasi manierista, pedina con insistenza Larry Gopnik, professore di fisica in attesa di promozione, e il suo volto sempre smarrito nelle piccole grandi disavventure che la vita gli pone davanti, dai problemi al lavoro a quelli con moglie e figli. Facce giuste, qualche dialogo frizzante, qualche colpo basso, troppi sbadigli.
mercoledì 20 gennaio 2010
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Io me lo sono goduto alla grande: per me è il miglior film dei Cohen dai tempi de "L'uomo che non c'era". E' forse quello più rigoroso e coerente, certamente quello più cinico, prbobailmente l'unico che non teme di dovere per forza fare "concessioni" alla speranza o ad altre deviazioni dal percorso intrapreso. In "Non è un paese per vecchi" i bambini della scena finale sono uno spiraglio di luce, qui c'è solo la consapevolezza -magistralmente orchestrata fra personaggi assurdi e difficilmente dimenticabili- che la vita è un'unica grande beffa.
RispondiEliminaPer una volta non sono d'accordo né con il recensore né con Duvix. Con quest'ultimo condivido la valutazione positiva del film, ma non l'analisi. Non è che io voglia tirare in ballo a forza la "positività del reale", ma credo che lo sforzo dei Coen non si sia incentrato sulla descrizione dell'assurdità dell'esistenza quanto sulla sua imprevedibilità. Scienza e tradizione (religione) hanno lo stesso grado di fallibilità, il che fa sì che le domande degli individui non scompaiano, ma si riacutizzino. Come i registi che si definiscono di origine cristiana anche (e in pratica solo) gli ebrei osano ridicolizzare le proprie radici religiose, sebbene in questo caso traspaia anche una dose di affetto. La dinamica è la stessa: le domande fondamentali che caratterizzano gli uomini rimangono intatte ma trovano come interlocutore i rappresentanti (rabbini/sacerdoti) di una cultura sclerotizzata in rigide formule vuote di senso. Come se ne esce? Chi lo sa... intanto la vita quotidiana, dove sforzi, impegno, speranze, afflizioni e routine si concentrano, può essere spazzata via da un tornado o da una diagnosi sbagliata. Forse resta solo lo spazio per l'azione, affrontare la morte e l'ignoto in faccia, senza troppi arzigogoli e vedere come va a finire: come la donna che accoltella il "dybbuk" della storiella yiddish che apre il film.
RispondiEliminaRaptus
p.s.: la scena del Bar Mitzvah è un vero gioiellino.