Eroe noir
Rocky Balboa (2006)
di Sylvester Stallone
drammatico
Ti aspetti i cazzotti e invece, dopo il moscio quinto capitolo, Sylvester Stallone sforna un film che, per un'ora, è una densa chicca nostalgica. Il triste destino della vecchiaia dell'eroe, meno tragico di quello di Gassman ne I mostri, ma ugualmente struggente. Rocky ha appeso i guantoni al chiodo e le sue gesta sono solo aneddoti da raccontare agli avventori del suo ristorante. Le note del celebre brano Gonna Fly Now echeggiano in lontananza accompagnandolo mentre fa visita alla tomba di Adriana, fa la spesa e attraversa con il cognato Paulie (Burt Young) i luoghi della sua gioventù trionfante, un tour tra i fantasmi del passato che ancora lo tormentano. Il film che scoperchiò il vaso dell'"operazione nostalgia" (dopo di lui risorsero dagli anni '80 Rambo, Die Hard, Indiana Jones, Wall Street e, a breve, Tron), nasconde i muscoli per mostrare l' anima noir di un uomo che fa il bilancio della sua vita senza il timore di mostrare le rughe. Ma il richiamo del ring è troppo forte e due fatti imprevedibili fanno cambiare rotta alla pellicola: lo stallone italiano decide di tornare a combattere e l'aitante e sfrontato giovane campione del mondo lo sfida. Doveva essere una semplice esibizione, si trasformerà in un incontro vero. Il film non è esente da scivoloni: monologhi iper retorici sputati addosso al figlio (Milo Ventimiglia, sarà Peter Petrelli in Heroes) con ferocia plastificata e l'incontro finale fuori tono per quanto emozionante. Ma se non avesse mostrato i muscoli, il sangue e il sudore (e la vita spiegata attraverso la boxe), non sarebbe stato Stallone, non sarebbe stato Rocky.
mercoledì 29 settembre 2010
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Ma come mai stallone continua a fare film in cui è l'ombra di se stesso?
RispondiEliminaE' il suo canto del cigno?